La storia del continente australiano si intreccia profondamente con l’Italia ed il suo popolo.
Come le radici di due alberi, Italia ed Australia sono strettamente connesse tra di loro.
Già nel 1676 – ovvero 94 anni prima che il Capitano Cook sbarcasse in Australia – il Domenicano Padre Vittorio Riccio, un missionario italiano stanziato nelle Filippine, tracciò una mappa della Terra Australis, per la Congregazione della Propagazione della Fede.
L’influenza italiana down under è tuttora tangibile. Basti pensare alle numerose cittadine australiane che portano i nomi di città italiane, come Sorrento, Santa Lucia, Roma, Verona, San Remo, Bronte, Nuova Norcia ecc.
Le relazioni tra i due paesi si palesano –oltre che culturalmente – anche dal punto di vista commerciale.
Secondo i dati Istat, nel 2016 l’interscambio bilaterale tra Italia e Australia ha superato 4 miliardi di euro e le nostre esportazioni hanno toccato 3,6 miliardi.
Inoltre, L’Italia si trova al dodicesimo posto quale Paese fornitore dell’Australia e al ventesimo tra i partner importatori.
Tutto ciò anche grazie alla comunità italiana australiana che – in particolar modo negli anni passati – ha avuto un ruolo importante nella valorizzazione dello stile italiano e del Made in Italy.
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Per comprendere realmente l’apporto dato dai wogs –to make Australia Great – bisogna fare un salto nel passato.
A partire dal secondo dopo guerra, i lavoratori Italiani contribuirono in maniera determinante allo sviluppo del nuovo paese.
Dal punto di vista geopolitico, la scintilla che diede il via alla corrente migratoria italiana in Australia, scaturì da un incontro di esigenze complementari.
Da una parte la svolta legislativa australiana, con la deroga alla White Australian Policy (tradizionalmente ostile alla immigrazione non anglo – celtica), che di fatto aprì le frontiere ai lavoratori da tutti i paesi europei.
Dall’altra l’esigenza socio-culturale italiana di sfoltire i ranghi dei disoccupati, evitando l’accentuarsi di tensioni sociali.
Spinti – dunque – anche dalla politica di incoraggiamento all’immigrazione attuata dal governo De Gasperi, i nostri connazionali apportarono un contributo significativo nell’industria manifatturiera, nel settore edile ed agricolo del nuovissimo continente.
Ciò nonostante venissero spesso definiti come “carne da fabbrica”, a causa del programma di immigrazione post bellico del governo australiano, il quale portò ad un mercato del lavoro prevalentemente di manovalanza.
Infatti, anche se dotati di qualifiche e/o specializzazione professionali, gli immigrati italiani venivano impiegati in mansioni generiche, assegnate dal governo australiano.
I datori di lavoro australiani li consideravano come “gente che lavora sodo, prontamente disponibili e meno riluttanti ad accettare lavori faticosi, rischiosi e snervanti”.
L’emigrazione ha comportato molte avversità e – nonostante venisse spesso considerata come l’inizio di una nuova vita – ha causato grandi sofferenze tra le persone che, separandosi dai propri cari e dai propri luoghi, avvertivano un grande senso di alienazione e solitudine.
In particolare le donne italiane vivevano, spesso, il trauma della separazione e dell’isolamento, nutrendo al contempo il desiderio di tornare in Italia.
Secondo le testimonianze del tempo, le donne italiane subivano, inoltre, discriminazioni economiche e sociali nel mercato del lavoro. Venendo costrette a rinunciare al lavoro a causa delle gravidanze; oppure ad accettare lavori a domicilio per potersi prendere cura della famiglia.
Oggi gli italiani sono presenti in tutti i settori del commercio. Tuttavia la loro presenza è accentuata nel settore agricolo, dove possiedono la maggioranza delle piccole e medie imprese dedite all’orticoltura.
Senza dubbio, questo dato è possibile connetterlo al sogno della maggior parte degli italiani che sbarcarono in Australia: diventare autonomi, come proprietari terrieri indipendenti.
Nel periodo post bellico, alcune località australiane rurali divennero centri di aggregazione per le comunità italiane.
Sulla base di un sistema di “mutuo soccorso tra paesani”: gli immigrati già presenti sul territorio australiano si facevano raggiungere da parenti ed amici, garantendo loro lavoro e supporto nel processo di inserimento.
Si svilupparono metodologie agricole cooperative, creando – così – numerosi vantaggi e massimizzando le risorse disponibili.
Un ulteriore fattore che accrebbe la possibilità per gli italiani di acquistare le fattorie, fu l’elevato tasso di fallimenti fra gli australiani che avviarono le proprie aziende agricole nel dopoguerra.
La tenacia, l’esperienza, l’ingegnosità e la capacità degli italiani a ricorrere all’aiuto delle strutture familiari, permisero loro di riuscire la dove gli altri fallirono.
Giunti da soli in Australia, lasciando mogli e famiglie nei paesi nativi, numerosi italiani riuscirono – a fronte dei grandi sacrifici affrontati – ad ottenere una disponibilità economica tale da finanziare il viaggio in Australia delle proprie famiglie.
“La storia è testimonianza del passato, luce di verità, vita della memoria, maestra di vita, annunciatrice dei tempi antichi”, Cicerone De oratore
Senza l’apporto degli italiani e degli altri lavoratori emigrati l’Australia odierna sarebbe una nazione ben diversa.
Ciò deve rendere orgoglioso un intero popolo che – attraverso le difficoltà – è riuscito ad emergere ed a mettere le basi per un nuovo mondo.
Un mondo che – oggigiorno – continua ad essere la terra dei sogni e delle speranze di migliaia di giovani italiani.
Fonti
- Italo-australiani. La popolazione di origine italiana in Australia, 1992, Fondazione G.Agnelli
- Rapporto Paese “Gli Italiani in Australia”, 2008